Il reato di truffa, tutto ciò che serve sapere
Si parla del reato di truffa per indicare un delitto di dolo generico in cui un soggetto trae in inganno attraverso delle condotte che cagionano il patrimonio di un altro soggetto, e dal cui comportamento beneficia di un profitto ingiusto. Il legislatore ha dedicato alla questione un’analisi attenta: basti pensare che nel Codice Penale non basta sfruttare l’altrui ignoranza per parlare di truffa. Anzi occorre che si ponga in essere raggiri e artifizi contro la persona lesa, laddove per raggiri si intende una pantomima messa in atto al solo scopo di profittare della vittima. Rivolgendoti ad un avvocato penalista Roma capiresti immediatamente dalle sue spiegazioni che l’artifizio può essere messo sullo stesso piano di una deformazione della realtà così come davvero è, attraverso cui si fa sembrare vero ciò che vero non è, rendendosi dunque fautore di menzogne.
Come si concretizza la truffa
Quanto sinora detto, dimostra che per vedere la truffa concretizzarsi non può bastare una bugia semplice. In pratica è importante che si verifichi un gesto, che si compra un’azione che danneggi la vittima. Dal suo canto quest’ultima, deve avere avuto un ruolo nell’atto lesivo, ad esempio deve essere stata boicottata o raggirata fino al punto di consegnare di sua sponte il denaro al reo.
A ben vedere, stiamo parlando di un reato che si può perpetrare in modi differenti. Ad esempio si può dissuadere una persona ad assumere un determinato atteggiamento, si può omettere un dato comportamento. O ancora si può verificare per mezzo di un negozio giuridico, come ad esempio un contratto sottoscritto online, e tanto altro ancora.
La punibilità del reato di truffa
A stabilire la portata del reato di truffa è l’articolo 640 del codice penale. Uno dei suoi commi, ovvero l’ultimo indica l’indice di punibilità di chi commette questo delitto. Innanzitutto stabilisce che il truffatore può essere punito dietro querela della persona offesa, a, e o che non ci sono delle circostanze aggravanti (tra cui quelle indicate nell’art. 61, c.1). Trattandosi di delitto perseguibile a querela di parte, la vittima, in tal caso definita truffato, deve recarsi presso le autorità, sporgere denuncia e permettere così che si possa agire nei riguardi del responsabile. Di solito si può agire entro tre mesi da quando si sono palesati i fatti lesivi.
L’ordinamento prevede comunque la possibilità di agire contro la truffa anche senza querela di parte. Alcune situazioni consentono cioè di agire d’ufficio alle autorità, sebbene la parte lesa non abbia espresso la volontà di voler perseguire il reo.
Possiamo ridurre ai minimi termini le ipotesi di querela e l’ipotesi d’ufficio. Si agisce con querela di parte nella stragrande maggioranza dei casi. Si procede con querela d’ufficio se le autorità sono a conoscenza di fatti e situazioni talmente gravi e pericolosi che oltre a rischiare la parte lesa, è a repentaglio anche la collettività. In tal caso, lo Stato deve intervenire al solo scopo di tutelare i cittadini: questa ipotesi si manifesta nei casi di truffa aggravata o di gravi danni patrimoniali.
Ipotesi aggravanti
Stante all’ipotesi poc’anzi mostrata, per la quale vi sono alcune situazioni gravi per cui è possibile intervenire d’ufficio, il reato di truffa prevede delle aggravanti. Sempre il suddetto articolo 640 del codice penale ha stabilito che in caso di normalità del reato, il reo è punibile con la reclusione da 1 a 5 anni, più multa annessa da un minimo di 309 euro a 1549 euro. Questa pena si applica dunque in presenza di querela della persona offesa, a meno che non si verifichi una delle circostanze aggravanti che sono contenute nel già citato articolo 61, primo comma, numero 7. Di contro, in caso di aggravanti, la pena sale, soprattutto se la truffa si perpetra ai danni dello stato o se si palesa una grave situazione di pericolo